Longobucco

Il borgo dell’argento, dei telai e dei briganti

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Longobucco, dal latino longa bucca (lunga cavità), è un borgo della Sila Greca. Di origini antichissime, il paese, che rientra nel Parco Nazionale della Sila, è posto sulle pendici del Monte Castello e si affaccia sulla vallata attraversata dal fiume Trionto. Sul suo territorio, da sempre ricco di pozzi minerari, sono presenti numerose miniere di argento, sfruttate fin dal XII secolo da Greci, Normanni, Angioini, Romani, Sibariti e Crotoniati. Questi ultimi estraevano dalla galena argentifera per produrre le monete delle loro città. I maestri argentari di Longobucco erano conosciuti in tutto il Meridione, tanto che l’abate Gioacchino da Fiore vi si recò per la lavorazione di alcuni calici su disegni da lui stesso elaborati. Tra i boschi e le antiche gallerie d’argento, si snoda un sentiero naturalistico: la “Via delle Miniere”, così chiamata perché qui avvenivano l’estrazione e la lavorazione del prezioso metallo. Longobucco viene identificato con l’antica città di Temesa. Secondo alcuni studiosi, infatti, quando nel primo libro dell’Odissea Omero scrive di Themesen metallurgica, farebbe riferimento proprio a Longobucco e alle sue miniere. Il paese è famoso per aver dato i natali nel XII secolo a Bruno da Longobucco, uno dei più grandi medici del Medioevo. Docente di medicina e chirurgia, egli contribuì alla fondazione dell’Università di Padova. Altre due figure note nella storia locale sono quelle dei Briganti Antonio Santoro, detto Re Cummere, e Domenico Strafaci, soprannominato Palma. Longobucco è conosciuto per l’artigianato tessile. A rappresentarlo egregiamente, dal 1930, è l’azienda Celestino, che ospita anche un museo dedicato all’antica arte della tessitura: il Museo della ginestra, della lana e della seta. Grazie ai titolari, il Maestro Eugenio prima, il figlio Mario poi, e oggi la nipote Caterina, la famiglia Celestino realizza, con antichi telai manuali, tessuti di grande pregio, tra cui arazzi, tappeti, coperte. Già Eugenio Celestino, ai tempi della “Dolce vita” di Fellini, creava, per le sorelle Fontana, magnifici tessuti finemente ricamati utilizzati per vestire l’attrice Ava Gardner. Da alcuni anni, nel periodo estivo, il borgo ospita la Settimana della Tessitura, importante iniziativa culturale aperta anche alla partecipazione dei turisti. Il centro storico si caratterizza per i vicoli stretti, l’architettura di chiese e palazzi gentilizi dai portali in pietra finemente lavorati. Particolarmente degni d’attenzione sono la Torre civica dell’XI secolo (‘u campanaru), e la chiesa matrice dedicata a Santa Maria Assunta, protettrice del paese. Al suo interno sono conservate opere d’arte tra cui l’icona lignea del 1400 raffigurante la Madonnina nera dei carbonai. Da visitare è anche l’ex Convento dei Frati Francescani Minori che custodisce il Museo dell’Artigianato silano e della Difesa del suolo. Percorrendo le vie del borgo si può sostare nelle vecchie cantine degli anni ’50 (oggi vere e proprie osterie), per giocare a carte e degustare un buon bicchiere di vino insieme ai prodotti tipici della tradizione gastronomica, come gli squaratieddi (taralli) e gli ottimi formaggi caprini.  Nel mese di agosto, nei giorni che precedono la festa dell’Assunzione di Maria, si svolge il “Palio dell’Assunta”. Questa tradizione si conclude con la “Giostra del Castrato”, un gioco a cavallo che affonda le radici nei secoli passati. Un fantoccio con le sembianze di un montone (il castrato) viene posto al centro della piazza attraversata da dieci cavalieri. Il primo di essi che riesce a decapitare il pupazzo di stoffa vince un trofeo. La cucina longobucchese è ricca di pietanze tipiche. Fra queste, molto rinomato è ‘u sacchiattu. Si tratta di un salume prodotto con la carne della zampa anteriore del maiale. Dopo essere stata macinata, la carne viene insaccata nella stessa cotenna, poi cucita a mo’ di sacchetto.

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